Ivan Della Mea ha cominciato a scrivere canzoni nel 1958, non erano per fare un mestiere.
Le canzoni di Della Mea sono fatte apposta per documentare un itinerario: non solo il"profumo" di un'epoca, ma il sotterraneo ragionamento che guidava le scelte. Dubbi a voce alta, maledizioni, ricostruzioni dall'altra parte della barricata.
Canzoni di momenti di vittoria e di dure sconfitte, sempre attento a non cadere nell'epica gratuita.
La scelta del dialetto, anziché penalizzare il testo, lo esalta.
E se è vero che la musica è poca cosa, tanta è l'urgenza di narrare, Della Mea resta lontanissimo dalle gratuite critiche al cantatutore politico, tutto devoto alla causa e "servo" delle tattiche contingenti. Qui c'è ancora dramma e poesia, come deve essere.
Libri con segni del tempo e pagine un po' ingiallite, ma praticamente intonsi.