Gli antichi abitanti dell'America del Nord possedevano una concezione spirituale strettamente legata al mondo della natura e ai cicli della vita. Tuttavia la loro spiritualità, ricca di immagini allegoriche e di metafore, non appena divenuta di grande interesse generale ha subìto una trasformazione che ne ha convertito gli elementi costitutivi in cliché e stereotipi.
Ne è un esempio la generalizzazione del concetto di "indiano", all'interno del quale si raggruppano indistintamente varie tipologie e varie comunità culturali.
Figli del grande spirito si propone di far luce su questi e altri aspetti della cultura nativa americana.
Il libro è costituito da una raccolta costata due anni di lavoro, dove sono stati selezionati quei testi originali che meglio potevano aiutare a comprendere il pensiero del popolo pellerossa.
Tale pensiero è costellato da molteplici aspetti culturali e spirituali, alcuni dei quali ormai scomparsi o poco diffusi perché proibiti dalle autorità governative del paese. La raccolta è arricchita dalle numerose e incisive fotografie d'epoca di Edward S. Curtis, che evocano le atmosfere suggestive dell'accampamento e della prateria.
Figli del grande spirito è un incontro con una cultura straordinaria, dove le calde parole degli anziani, dei saggi e dei grandi capi fanno rivivere lo spirito di una saggezza che non conosce le barriere del tempo.
"A modo loro, gli Indiani concepiscono il mondo fisico e la terra come un'entità spirituale. Per il non indiano può essere solo di grande vantaggio scoprire questa visione del mondo."
- N. Scott Momaday, vincitore del Premio Pulitzer 1969