Non credo che sia la generazione a cui appartengo, né il mio ormai remoto passato di fanatico "archiviste", ciò che mi fa considerare questo "Cinema non amor" come un'operazione assolutamente straordinaria e preziosa.
Straordinaria, perché è un'incursione senza freni in un labirinto ardente di voci e intelligenze che discutono del cinema soprattutto come e in quanto arte, mentre le mode critiche, gli pseudo concetti più diffusi e i parametri vincenti tendono sempre di più a fondere e confondere quest'arte con il mercato (si leggano in proposito le bellissime e pesate parole di Germaine Dulac).
Preziosa, perché mai era stata proposta con tanto voluttuoso rigore e raffinata, ostentata, finta svagatezza un'avventura intellettuale così stimolante e soave, e così...cinematografica. Sono passati quasi cinquant'anni da quando Ardolino, Loy, Igi Polidoro e tanti altri amici ci arrovellavamo su alcuni di questi temi nelle aule gelate e disadorne del Centro Sperimentale di Cinematografia.
Venivano a farci lezione Visconti, De Santis, il documentarista Antonioni.
Una volta arrivò dall'Ungheria perfino Bela Balazs, e a noi parve proprio di sognare...