A volte ritornano, i vecchi eroi. Grazie a nuovi amici. Nella fattispecie, Roberto Trivisonno alias Bob, che ho conosciuto grazie all’azzeccatissimo podcast ‘Race off’, perché dalla passione per il trotto è impossibile guarire anche se da anni, ormai, stanno facendo di tutto e di più per estirparcela.
E così, i ricordi universitari del giovedì pomeriggio all’Arcoveggio sono tornati a galla grazie a Bob ed alla sua rubrica, manca solo che la colonna sonora diventi ‘Nostalgia canaglia’ di Albano e Romina e saremmo a posto…
Grandi ricordi di piccoli routinier, ma non solo. Anzi, perché Bob ne ha combinata un’altra scrivendo questo libro su Equinox Bi, non uno qualunque per me. Perché, nella ormai trentennale carriera (bontà vostra…) di giornalista ippico, l’allevamento Biasuzzi ha rappresentato il primo amore, grazie al patron Mauro che incaricò il nemmeno trentenne sottoscritto di seguire iscrizioni e partenti direttamente da Mirano.
Così come, all’inizio del terzo millennio, non potei che diventare il primo Ultras di Equinox Bi, prodotto tutto fatto in casa grazie a Valley Boss Bi e Personal Banner, tanto potente di motore quanto limitata dal carattere.
E la soddisfazione di vederlo campione del mondo 2007, anche se a distanza, ha segnato i migliori anni della nostra vita ippica.
Più dei tanti trionfi italiani, il magnifico trittico: secondo al Nat Ray trot, primo alle Breeders Crown e ancora vincitore nel Maple Leaf.
Campione del mondo, urlato tre volte come Nando Martellini in Spagna, nel 1982.
Prima di Equinox, solo un certo Varenne, per due volte.
Non sarò certo io a voler avvicinare la carriera di Equinox a quella del Campionissimo, ma il solo fatto di comparire nello stesso Albo d’Oro del Nord America qualcosa vorrà pur dire.
Per me, una cosa soprattutto: quelli erano anni, quelli erano cavalli.
Quello era Equinox Bi.