Tra i ruggenti anni ’20 e la Grande Depressione, negli Stati Uniti ci furono parecchi musicisti bianchi, soprattutto negli stati lambiti dagli Appalachi, che suonarono dell’ottimo ed. intenso blues. Era un blues che mescolava l’idioma afroamericano con la cultura popolare bianca, rendendolo così interessante ed intrigante.
La maggior parte di loro sono caduti nel dimenticatoio e il libro riporta alla luce la storia e la tecnica strumentale di una ventina di loro, tra il rigore filologico e il piacere del racconto.
Non sono storie blues come siamo abituati a credere nell’immaginifico: non ci sono campi di cotone, bordelli e grandi fiumi ma piuttosto piccole fattorie al limite dell’indigenza, fabbriche tessili, fonderie, miniere e la povertà delle famiglie costrette a vivere con uno stipendio da fame e molti dei nostri eroi parteciparono in prima persona ai grandi scioperi di Gastonia o alla battaglia dei minatori di Blair Mountain.
Anche senza l’appeal trasgressivo dei blues Singer di colore, questi personaggi hanno comunque condotto una vita aspra, appassionata e carnale, d’altri tempi, incentrata sulla voglia irrefrenabile di fare musica come per Frank Hutchison dal viso stralunato, Dock Boggs l’anarchico testa balorda, Gwin Foster che inzuppava l’armonica nel whiskey o come Salvatore Massaro che portò il vento della Maiella quando si travestì da Blind Will Dunn.