Icona, modello, must... oppure, per tutti i comuni mortali, semplicemente The Wolf. Meglio ancora, Howlin’ Wolf: ovvero Lupo Ululante, perché questo è il soprannome che tanto tempo fa toccò in sorte alla voce tonante di Chester Arthur Burnett e che lo consegnò alla storia come il “gigante buono” del blues. Ma Chester, oltre un quintale di peso per quasi due metri d’altezza, non era soltanto voce: era tanto altro. E per scoprirlo, Arcana non poteva rinunciare al commentatore-detective Luigi Monge: firma di punta nella critica blues italiana e autore – sempre per la fortunata collana Testi – di un libro-culto sul canzoniere di Robert Johnson che è sorprendentemente già in odore di ristampa. Monge, da par suo, ci aiuterà a scoprire tutti i lati creativi di Burnett, soprattutto i più oscuri e intriganti: non solo interprete, ma anche “songwriter” sopraffino; non solo autore, ma anche eccezionale riscopritore di classici dimenticati; il suo costante apprendistato, come un grande mosaico; il suo stile, sempre incisivo e originale; i suoi “segreti del mestiere”: la rima rara, il lessico e la particolare costruzione dei refrain. Ecco perché la vicenda artistica di Howlin’ Wolf si può leggere come un’inesorabile marcia di conquista delle vaste praterie del blues che ha elargito, sotto forma di canzoni direttamente scritte o accompagnate al successo, un’inossidabile eredità anche alle rockstar di oggi: dai Doors (“Back Door Man”) a Eric Clapton (“Spoonful”), dai Led Zeppelin (“Killing Floor”) ai Rolling Stones (“Little Red Rooster”). D’altro canto, persino Sam Phillips – leggendario scopritore di Elvis Presley – nel 1950 non si lasciò sfuggire il talento del buon Chester pronunciando la fatidica frase: “Questo fa al caso mio”.
Il libro esce nel centenario della nascita di Burnett, che venne al mondo il 10 giugno 1910 in quel di West Point, Mississippi...