Questa è una storia avventurosa, sempre sull’orlo del disastro, ma destinata a superare miracolosamente ogni crisi, a risorgere ogni volta dalle ceneri. Gli Yes sono l’unico gruppo “progressivo” che sia riuscito ad attraversare, in piena e costante attività, quarant’anni di storia del rock, sopravvivendo perfino agli anni tempestosi del punk e della disco music.
Se la formazione classica (Jon Anderson, Steve Howe, Rick Wakeman, Chris Squire e Bill Bruford) resta quella che ha realizzato capolavori assoluti come Fragile e Close To The Edge, frantumandosi poi fra litigi, scissioni e cause in tribunale, molti altri musicisti di talento, come Trevor Horn e Geoff Downes (dei Buggles) o il compositore e produttore Trevor Rabin, hanno dato al gruppo il contributo necessario al ciclo quasi karmico delle sue rinascite.
Nati nel panorama turbolento della psichedelia londinese di fine Sessanta, e nei Settanta esponenti fra i più rappresentativi – fra adorazione ed esecrazione – del progressive rock, gli Yes si sono espressi anche come cantori di una fantasia ispirata e talvolta delirante, virtuosi in grado di sfidare le ambizioni della musica classica, animali da classifica commerciale e da orchestra sinfonica, angeli e demoni sospesi tra la frequentazione del sublime e la maledizione del pollo al curry.
Questa è la storia della loro coriacea fragilità.
Chris Welch è uno dei più affermati giornalisti rock inglesi, firma storica di «Melody Maker» (bibbia settimanale del pop inglese) e testimone in diretta della nascita del progressive rock.
Cronista e amico dei membri del gruppo fin dagli esordi, ne racconta vizi e virtù dall’interno.
Stefano Pogelli, traduttore dell’edizione italiana, ha aggiornato storia e discografia del gruppo corredandole di un’appendice critica.