Il 9 ottobre 1967, nel villaggio boliviano di La Higuera, Ernesto "Che" Guevara giace senza vita sul pavimento di mattoni di una piccola scuola. L'immagine di quel corpo, circondato dallo sguardo inquisitore di militari e giornalisti, fa il giro del mondo e spinge al pianto milioni di persone. Un pianto affettuoso, sconsolato, rabbioso. Sono gli anni della contestazione e la protesta giovanile ha da questo momento una bandiera in più: il volto del Che. Un anno dopo, nel 1968, Buenos Aires è ricoperta di manifesti che annunciano l'uscita di "Che", una biografia realizzata dai più grandi nomi del fumetto argentino: Héctor Oesterheld alla sceneggiatura, Alberto Breccia ai pennelli, accompagnato dal giovane figlio Enrique. Il successo è immediato. Il libro si diffonde rapidamente fra i più giovani, passa di mano in mano, la vita del Che diventa una sorta di vangelo rivoluzionario. Pochi anni dopo l'Argentina cade in una stretta repressiva che culmina con un colpo di Stato. Improvvisamente il Paese deve rinnegare il ricordo di Guevara, "Che" viene messo al bando. Una minacciosa spirale di delitti spinge Alberto e Enrique Breccia a disfarsi delle tavole originali. Padre e figlio si liberano anche delle copie in loro possesso. Tutte meno una, rimasta per anni sepolta in giardino. II Che muore per la seconda volta. Nel 1987 il libro viene finalmente ristampato in Spagna. Torna così a splendere l'infiammato candore di questo "classico proibito", un avvincente esperimento narrativo nel quale i diari di Guevara e le parole di Oesterheld si fondono nel segno ombroso dei Breccia, come in un tango struggente e notturno.