Barbaro. La frequenza di questo vocabolo sulle bocche della civiltà “illuminata” di fine millennio vuole nascondere quell’intolleranza causata, oggi come secoli addietro, dalla difficoltà di comunicare e conoscere.
Barbari erano detti dai Romani quei popoli che vivevano al di là dei confini dell’impero, dal linguaggio incomprensibile, dalla vita elementare e dai rozzi costumi, mai domi nella loro ferocia guerriera.
Tacito, all’inizio della sua carriera di storico nel 98 d.C., redige La Germania come un trattato geo-etnografico su quella terra e quelle genti con l’intento sottile di far rispecchiare il mondo romano, in cui già si presagivano i germi della futura decadenza, in quelle popolazioni fisicamente e moralmente sane e incorrotte.
Dagli anni Venti giunge questa traduzione dovuta all’impero futurista di Filippo Tommaso Marinetti in una calda estate caprese.
Una Riscoperta, oggi, perché le intuizioni tacitiane non hanno età se non quella del presente.