Nella trascorsa “civiltà della piazza” , quando la vita aveva per strada il luogo ove incontrarsi , scambiare le merci e le notizie , anche la cucina vi trovava il suo spazio: cucina di strada e di popolo , e fatta per il popolo , tipica espressione della preminente cultura materiale . La esercitavano per lo più gli ambulanti: il trippaio , il mellonaro , il bibitaro , il sorbettiere , il perecottaio , il venditore di castagnaccio ... cento e cento figure che animavano la scena dell’ umana esistenza di gente che viveva e si contentava di poco . La galleria di portatori di cose mangerecce , illustrata nel libro , è solo uno stralcio – sia pure rappresentativo – di quel piccolo mondo colorito al servizio di un consorzio umano dolente ma aperto alla speranza , alla fantasia , alla voglia di esistere e del suo modo di alimentarsi , di consumare , di campare , di pensare .